giovedì 24 ottobre 2013

Storie autunnali, capitolo primo: il matrimonio


Un paio di settimane fa sono stata invitata al terzo matrimonio cinese dell'anno. Questa volta ho accettato un po' per senso del dovere, visto che si trattava della collega che insegna inglese e con cui spesso mi capita (anche se ora meno di prima) di scambiare quattro chiacchiere. In Cina partecipare a un matrimonio come ospite ordinario non costituisce uno sforzo economico degno di nota, diciamo che di consuetudine 100 yuan (circa 12 euro) infilati in una hongbao sono più che sufficienti. Nonostante l'entusiasmo non fosse alle stelle, il fatto di non dovermi preoccupare per il regalo e l'idea di sedermi a un tavolo imbandito di prelibatezze cinesi mi ha fatto propendere per il sì dai vengo anch'io! 

Alle dieci di mattina della domenica prestabilita, un giovane invitato con una berlina nera è passato a prelevare me, Gigi e altre due colleghe per portarci direttamente al ristorante dove si sarebbe svolta la cerimonia. Percorrendo una strada che non avevo mai percorso, avevo gli occhi incollati fuori dal finestrino per vedere cosa scorreva sotto quel cielo grigio tanto denso di polveri che si compatta ogni qual volta smette di soffiare il vento. Gran parte degli scenari urbani cinesi sono costellati da cantieri aperti, gru mai ferme, mucchi di terra, lunghe lamiere blu che dividono i marciapiedi da centri commerciali o alti condomini che stanno per essere ultimati, mattoncini Lego di colore diverso disposti come se si trattasse di un fitto domino. A dieci minuti di macchina dalla mia città il mescolarsi con il paesaggio urbano, le piantagioni di pere e un'infinità di baracche ricoperte di piastrelline bianche rendeva la vista decisamente ostile e decadente. Ma ecco che finalmente la nostra auto si infila in una serie di vie più strette, panni stesi sui marciapiedi, cagnolini che fanno compagnia a vecchi seduti fuori intenti a mondare cipollotti o a sgranocchiare un cetriolo, e poi passiamo sotto un grosso arco gonfiabile rosso, con il carattere protagonista assoluto di tutti i matrimoni: la doppia felicità. Non c'è dubbio, il tratto sterrato che incominciamo a percorrere a piedi una volta scesi dalla macchina ci porta dritti dritti al cortile del ristorante dove, ovviamente all'aperto, era stato allestito il palco e tutto ciò che l'occasione richiedeva. Se da un lato del cortile c'era un muro di cinta al quale era accatastata una montagna di vecchi termosifoni arrugginiti (probabilmente quello sostituiti di recente nel ristorante stesso), lasciati in completo abbandono a fare bella mostra di sé, sugli altri tre lati c'erano le sale del ristorante. Il clima era festoso, con le solite hit occidentali e cinesi a fare da sfondo all'evento, e sicuramente non la prima batteria di petardi che a mitraglietta sparava frammenti di cartoncino rosso dappertutto. Dopo aver fatto visita alla sposa che attendeva in una saletta allestita come fosse la sua nuova camera nuziale e aver consegnato le bustarelle coi 100 yuan, è il momento di correre in cortile e aspettare che la cerimonia abbia inizio! 

Non starò a descrivere come si svolge un matrimonio cinese visto che sarebbe la terza volta, ma non voglio non menzionare quell'enorme sparabolle impolverato che giaceva nella sua pesantezza a pochi passi dagli sposi, né la cassa dei vuoti di birra Yanjing che quasi quasi mi faceva da sedia, e nemmeno il fatto che la cerimonia a un certo punto sia stata sospesa per qualche istante a causa del fracasso dell'ennesima batteria di petardi! Una cricca di bambini scorrazzava liberamente tra gli sposi per poi tornarsene in un cantuccio tutti i presi dal pasticciare con un secchio pieno d'acqua e di foglie secche, mentre tutti gli invitati tentavano di scrollarsi dai capelli i frammenti di cartucce rosse. L'assenza di sfarzo e l'allestimento un po' alla buona, che di per sé mi ricordano che per i cinesi importa più la sostanza che l'aspetto esteriore, sono passati di secondo piano in quanto interesse quando con tanta perplessità mi sono accorta di una cosa: i coperti del ristorante non erano sufficienti per tutti gli invitati e quindi il pranzo nuziale era stato diviso in due round. Mentre gli invitati più stretti usufruivano del primo giro, quelli restanti (me compresa) dovevano aspettare che loro finissero, che fosse riapparecchiata la tavola (tutte stoviglie usa e getta) e pranzare proprio nel momento in cui la prima fetta si stava già preparando per tornarsene a casa, sposa compresa! Una situazione che ha del paradossale, ma è andata proprio così e, oltre a sconcertare me, ha sconcertato le mie colleghe a cui non era mai successo di partecipare a un matrimonio simile. Per quanto riguarda le sale, a contribuire al minimo decoro c'erano degli sgabellini di plastica al posto delle sedie e delle tovaglie usa e getta di plastica leggera che coprivano tavoli dalle brutte gambe arrugginite. Ma un punto a favore di questo ristorante lo voglio sicuramente dare, perché sebbene servito in ciotole e vassoi un po' scozzati da cameriere che avevano i grembiuli della mia bisnonna, il cibo era davvero buono (una marea di carne d'ogni genere, verdure di stagione saltate, deliziosi rotolini di pasta fritta ripieni di riso glutinoso e taro, un rombo al vapore, zuppa di funghi e bacche di goji). Sono mancate tante cose, ma la sostanza, quella no!

[Purtroppo oggi niente scatti, mi mangio le mani per non aver portato la macchina fotografica...!]

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